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Stay hungry, stay foolish!



Discorso di Steve Jobs a Stanford


È per me un onore essere qui con voi, oggi, alle vostre lauree in una delle migliori università del mondo. Io non mi sono mai laureato. Anzi, per essere onesto, questa è l’esperienza più vicina ad una laurea che mi sia mai capitata. Oggi voglio raccontarvi tre storie della mia vita. Tutto qui, niente di eccezionale: solo tre storie.
La prima storia riguarda l’unire i puntini.
Lasciai il Reed College dopo il primo semestre, ma continuai a frequentare in maniera ufficiosa per circa 18 mesi prima di abbandonare definitivamente. Perché mollai?
Tutto cominciò prima che nascessi. Mia madre biologica era una giovane studentessa di college non sposata e decise di darmi in adozione. Credeva fortemente che avrei dovuto essere cresciuto da persone laureate e fece in modo che tutto fosse organizzato per farmi adottare alla nascita da un avvocato e da sua moglie. Quando arrivai al mando, però, loro decisero all’ultimo minuto che preferivano una bambina. Così i miei genitori, che erano in lista d’attesa, ricevettero una chiamata nel bel mezzo della notte: “C’è un bambino, un maschietto, non previsto. Lo volete?”. Loro risposero: “Certamente”. Solo dopo, mia madre biologica scoprì che mia madre non si era mai laureata e che mio padre non aveva neanche finito il liceo. Rifiutò di firmare le ultime carte per l’adozione. Accettò di farlo mesi dopo, solo quando i miei genitori promisero formalmente che un giorno io sarei andato al college.
Diciassette anni dopo andai al college. Ma ingenuamente ne scelsi uno costoso tanto quanto Stanford e tutti i risparmi dei miei genitori finirono nelle tasse universitarie. Dopo sei mesi, non riuscivo a vederci nessuna vera opportunità. Non avevo idea di quello che avrei voluto fare della mia vita e non vedevo come il college potesse aiutarmi a capirlo. Eppure ero là, a spendere tutti quei soldi che i miei genitori avevano messo da parte lavorando una vita intera. Così decisi di mollare e avere fiducia che tutto si sarebbe risolto nel migliore dei modi. Era piuttosto spaventoso all’epoca, ma guardandomi indietro è stata una delle migliori decisioni che abbia mai preso. Nell’attimo stesso in cui abbandonai il college, smisi di seguire i corsi che non mi entusiasmavano e cominciai invece a frequentare quelli che trovavo più interessanti.
Non fu tutto rose e fiori. Non avevo più una camera nel dormitorio ed ero costretto a dormire sul pavimento delle camere dei miei amici. Riportavo al negozio le bottiglie di Coca Cola vuote per avere i cinque centesimi di deposito e poter comprare da mangiare. E tutte le domeniche camminavo per sette miglia attraverso la città per avere finalmente l’unico buon pasto della settimana all’Hare Krishna. Adoravo tutto questo. E quello che trovai seguendo la mia curiosità e la mia intuizione risultò, solo dopo, essere senza prezzo.
Vi faccio subito un esempio. Il Reed College all’epoca offriva probabilmente la migliore formazione del Paese in calligrafia. In tutto il campus ogni poster, ogni etichetta, ogni cartello era scritto a mano con grafie bellissime. Dato che avevo mollato i corsi ufficiali, decisi che avrei seguito il corso di calligrafia per imparare a scrivere così. Fu lì che imparai i caratteri serif e sans serif, la differenza tra gli spazi che dividono le differenti combinazioni di lettere, quello che rende eccezionale un’eccezionale stampa tipografica. Era bello, storico, artistico e raffinato in un modo che la scienza non è in grado di offrire e io ne ero completamente affascinato.
Nessuna di queste cose però aveva alcuna speranza di trovare un’applicazione pratica nella mia vita. Ma dieci anni dopo, quando ci trovammo a progettare il primo Macintosh, tutto quello che avevo imparato mi tornò utile. E lo utilizzammo tutto per il Mac. E’ stato il primo computer dotato di una bellissimo tipografia. Se non avessi mai lasciato il college e non avessi mai partecipato a quel singolo corso, il Mac non avrebbe probabilmente mai avuto caratteri tipografici differenti o font spaziati in maniera proporzionale. E dato che Windows ha copiato Mac, è probabile che non ci sarebbe stato nessun personal computer con quelle capacità. Se non avessi mollato il college, non avrei mai frequentato quel corso di calligrafia e i personal computer potrebbero non avere quelle stupende capacità tipografiche che ora hanno. Chiaramente, quando ero al college, era impossibile unire i puntini guardando al futuro. Ma è diventato molto, molto chiaro dieci anni dopo, quando ho potuto guardarmi indietro.
Di nuovo, non è possibile unire i puntini guardando avanti; potete solo unirli guardandovi indietro. Dovete aver fiducia che, in qualche modo, nel futuro, i puntini si potranno unire. Dovete credere in qualcosa – il vostro ombelico, il destino, la vita, il karma, qualsiasi cosa. Questo tipo di approccio non mi ha mai lasciato a piedi e ha sempre fatto la differenza nella mia vita.
La mia seconda storia riguarda l’amore e la perdita
Io sono stato fortunato: ho trovato molto presto quello che amo fare. Io e Woz fondammo la Apple nel garage della casa dei miei genitori quando avevo appena 20 anni. Lavorammo duramente e in 10 anni Apple, da quell’azienda fatta di noi due e un garage, si è trasformata in una compagnia da due miliardi di dollari con oltre quattromila dipendenti. L’anno prima realizzavamo la nostra migliore creazione – il Macintosh – e io compivo 30 anni. L’anno seguente fui licenziato. Come si fa ad essere licenziati dall’azienda che tu stesso hai creato? Facile: quando Apple divenne più grande, assunsi qualcuno che ritenevo avesse molto talento e capacità per guidare l’azienda insieme a me e per il primo anno le cose andarono molto bene. Ma poi le nostre visioni del futuro cominciarono a divergere e alla fine arrivammo ad uno scontro. Quando questo successe, la commissione dei direttori si schierò dalla sua parte. Quindi, a 30 anni, io ero fuori. E in maniera piuttosto plateale. Quello che era stato il principale scopo della mia vita adulta era perso e io devastato.
Per alcuni mesi non seppi assolutamente che cosa fare. Mi sentivo come se avessi tradito la generazione di imprenditori prima di me – come se avessi lasciato cadere la fiaccola che mi era stata passata. Incontrai David Packard e Bob Noyce e tentai di scusarmi per aver rovinato tutto così malamente. Fu talmente un fallimento pubblico che presi anche in considerazione l’ipotesi di scappare via dalla Silicon Valley. Ma qualcosa lentamente cominciò a crescere in me: amavo ancora quello che avevo fatto. Ciò che era successo alla Apple non aveva cambiato di un bit questo amore. Ero stato respinto, ma ero sempre innamorato. E per questo decisi di ricominciare da capo.
Non me ne resi conto allora, ma essere licenziato dalla Apple era stata la miglior cosa che mi potesse capitare. La pesantezza del successo era stata rimpiazzata dalla leggerezza di essere di nuovo un debuttante, senza più certezze su niente. Mi liberò dagli impedimenti consentendomi di entrare in uno dei periodi più creativi della mia vita.
Durante i cinque anni successivi fondai un’azienda chiamata NeXT, un’altra azienda chiamata Pixar e mi innamorai di una donna meravigliosa che sarebbe poi diventata mia moglie. Pixar produsse il primo film d’animazione digitale, Toy Story, e adesso è lo studio di animazione più famoso al mondo. In un significativo susseguirsi di eventi, la Apple comprò NeXT, io ritornai alla Apple e la tecnologia sviluppata da NeXT è ora il cuore dell’attuale rinascita di Apple. E io e Laureen abbiamo una meravigliosa famiglia.
Sono sicuro che niente di tutto questo sarebbe successo se non fossi stato licenziato dalla Apple. Fu una medicina molto amara, ma credo che il paziente ne avesse bisogno. Qualche volta la vita ci colpisce come un mattone in testa. Ma non perdete la fede. Sono convinto che l’unica cosa che mi trattenne dal mollare tutto sia stato l’amore per quello che ho fatto. Dovete trovare quello che amate. E questo vale sia per il vostro lavoro che per i vostri affetti. Il vostro lavoro riempirà una buona parte della vostra vita e l’unico modo per essere realmente soddisfatti è fare quello che riterrete un buon lavoro. E l’unico modo per fare un buon lavoro è amare quello che fate. Se ancora non l’avete trovato, continuate a cercare. Non accontentatevi. Con tutto il cuore, sono sicuro che capirete quando lo troverete. E, come in tutte le grandi storie, diventerà sempre più bello con il passare degli anni. Perciò continuate a cercare finché non lo avrete trovato. Non vi accontentate.
La mia terza storia riguarda la morte
Quando avevo 17 anni lessi una citazione che suonava più o meno così: “Se vivrai ogni giorno come se fosse l’ultimo, sicuramente una volta avrai ragione”. Mi colpì molto e da allora, per gli ultimi 33 anni, mi sono guardato ogni mattina allo specchio chiedendomi: “Se oggi fosse l’ultimo giorno della mia vita, vorrei fare quello che sto per fare oggi?”. E ogni qualvolta la risposta era “no” per troppi giorni di fila, capivo che c’era qualcosa che doveva essere cambiato.
Ricordarmi che morirò presto è il più importante strumento che io abbia mai trovato per fare le grandi scelte della mia vita. Perché quasi tutte le cose – tutte le aspettative di eternità, tutto l’orgoglio, tutte le paure di imbarazzi o fallimenti – svaniscono di fronte all’idea della morte, lasciando solo quello che c’è di realmente importante. Ricordarsi che dobbiamo morire è il modo migliore per non cadere nella trappola di pensare che abbiamo qualcosa da perdere. Siete già nudi. Non c’è ragione per non seguire il vostro cuore.
Circa un anno fa mi fu diagnosticato un cancro. Alle sette e mezzo del mattino feci la scansione che mostrava chiaramente un tumore al pancreas. Non sapevo neanche che cosa fosse un pancreas. I dottori mi dissero che si trattava di un cancro che era quasi sicuramente di tipo incurabile e che avrei avuto si e no 3 mesi di vita. Mi dissero di andare a casa e sistemare le mie faccende (che è il codice dei dottori per dirti di prepararti a morire). Questo significa che dovevo prepararmi a dire ai miei figli, in pochi mesi, tutto quello che pensavo di avere ancora una vita per dire. Significa che dovevo essere sicuro che tutto fosse organizzato in modo tale che per la mia famiglia fosse il più semplice possibile. Significa che dovevo dire i miei “addii”.
Vissi con il responso di quella diagnosi per tutto il giorno. Quella sera mi fecero una biopsia, in cui ti infilano un endoscopio giù per la gola, attraverso lo stomaco fino all’intestino per inserire un ago nel pancreas e prelevare alcune cellule del tumore. Io ero sotto anestesia, ma mia moglie – che era lì – mi raccontò che quando i medici videro le cellule al microscopio iniziarono a piangere, perché avevano appena scoperto che avevo una forma di cancro molto rara e curabile con un intervento chirurgico. Mi sottoposi all’intervento chirurgico e adesso sto bene.
Quella fu la volta in cui mi avvicinai di più alla morte e spero che, per qualche decennio, sia anche l’ultima. Essendoci passato, posso parlarvi adesso con un po’ più di certezza di quando la morte fosse per me solo un concetto astratto.
Nessuno vuole morire. Anche le persone che vogliono andare in paradiso non vogliono morire per andarci. Ma comunque la morte è la meta che tutti abbiamo in comune. Nessuno gli è mai sfuggito. Ed è come deve essere, perché molto probabilmente la morte è la più grande invenzione della vita. E’ l’agente di cambiamento della vita. Spazza via il vecchio per far posto al nuovo. Ora, il nuovo siete voi, ma un giorno non troppo lontano diventerete gradualmente il vecchio e sarete spazzati via. Mi dispiace essere così drammatico, ma è la pura verità.
Il vostro tempo è limitato, per cui non lo sprecate vivendo la vita di qualcun altro. Non fatevi intrappolare dai dogmi, seguendo i risultati del pensiero di altre persone. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui offuschi la vostra voce interiore. E, cosa più importante, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e le vostre intuizioni. In qualche modo loro sanno che cosa volete veramente. Tutto il resto è secondario.
Quando ero ragazzo esisteva una meravigliosa rivista che si chiamava The Whole Earth Catalog, che era una delle bibbie della mia generazione. Fu creata da Stewart Brand non molto lontano da qui, a Menlo Park, e Stewart ci mise dentro tutto il suo tocco poetico. Era la fine degli anni Sessanta, prima dei personal computer e dell’editoria elettronica, quindi la rivista era interamente creata con macchine da scrivere, forbici e polaroid. Era una specie di Google in versione cartacea, 35 anni prima che Google fosse inventato: era idealistica, traboccante di strumenti chiari e concetti meravigliosi.
Stewart e il suo gruppo pubblicarono vari numeri di The Whole Earth Catalog e quando arrivarono alla fine del loro percorso, pubblicarono il numero finale. Era più o meno la metà degli anni Settanta e io avevo la vostra età. Nell’ultima pagina di questo numero c’era una fotografia di una strada di campagna al mattino presto, quel tipo di strada dove potreste trovarvi a fare l’autostop se siete abbastanza avventurosi. Sotto la foto erano scritte queste parole: “Stay Hungry. Stay Foolish”, siate affamati, siate folli. Era il loro messaggio di addio. Stay Hungry. Stay Foolish. Io me lo sono sempre augurato per me stesso. E adesso che vi laureate per cominciare una nuova vita, lo auguro a voi. Stay Hungry. Stay Foolish. Grazie a tutti.
(segnalato da: Il Caffè [lnrzo@vodafone.it])

Progetto NE x TB

L’Associazione Baresi nel Mondo, avvia il progetto “NExTB”, l’acronimo di
“NUOVE ENERGIE per il TERRITORIO BARESE”
Il progetto unico nel suo genere, tende a creare una rete che metta in rapporto tra loro i discendenti degli emigrati della provincia di Bari e questi con la terra di origine.
Con questo obiettivo è stato elaborato il progetto «NExTB», acronimo di “Nuove Energie per il Territorio Barese”, che si propone di ricercare, fra i discendenti di baresi, quelli che si sono affermati nei campi della cultura, della ricerca, della magistratura, delle libere professioni, dell’imprenditoria, della politica elettiva, dell’amministrazione pubblica, del volontariato, con l’obiettivo “di individuare e valorizzare potenzialità utili per la crescita del territorio della Provincia di Bari, in una dimensione internazionale e creare fra le comunità baresi all’estero e la realtà barese locale una rete di rapporti funzionali, soprattutto per il futuro delle giovani generazioni”.
Lo scopo è di riunire, attorno a progetti comuni, esperti nei diversi settori, stabilire nuovi contatti professionali ed ampliare la rete di relazioni internazionali tra persone che hanno in comune la terra di origine, con l’intento di elaborare strategie e piani di sviluppo sociale, economico e culturale a beneficio delle rispettive comunità.
Il progetto sarà affidato ad esperti in comunicazioni, informatica e lingue straniere, a cui sarà affidato il compito di prendere i primi contatti con le persone interessate, di aggiornare la banca dati in fase di costituzione ed il sito web dell’Associazione.
Dopo la prima fase di acquisizione dei dati, saranno organizzati incontri in Bari per promuovere e mettere a confronto le competenze e le abilità di professionisti provenienti da tutto il mondo.
Nel progetto, pertanto, saranno interessati i cinque continenti, per sollecitare i circa 98.000 baresi, ancora in possesso di passaporto italiano e residenti all’estero, a collaborare all’iniziativa.
Il progetto «NExTB» nasce sulla base dell’esperienza maturata in tanti anni di attività dal Dr.Antonio Peragine, a capo dell’Associazione Baresi nel Mondo e della volontà del Consiglio Direttivo che intende dare risposte concrete alle varie esigenze emerse nel mondo dell’emigrazione (dalla conservazione del senso di appartenenza alla diffusione della cultura e della lingua italiana, dall’assistenza economica, dell’assistenza sociale e sanitaria per i baresi in stato di difficoltà all’estero, dalla promozione e tutela dei diritti civili, politici e sindacali alla realizzazione di progetti finalizzati allo sviluppo economico e sociale del territorio barese).
Tra gli obiettivi che l’Associazione si propone, è prevista l’istituzione del “Premio ai Baresi che hanno onorato la Provincia in Italia e nel Mondo”.
Sarà istituzionalizzato il premio da assegnare a coloro che con il lavoro, l’impegno economico-imprenditoriale e professionale onorano la nostra provincia in Italia e nel mondo.
Il progetto “NExTB” sarà integrato con un sito web in 4 lingue (Italiano,Inglese, spagnolo, francese) e la creazione di una testata giornalistica internazionale on line “www.baresinelmondo” con redazioni in Italia e all’estero.
L’Associazione Baresi nel Mondo è aperta a tutti coloro interessati a tessere rapporti con internazionali e intendono collaborare con l’Associazione per la crescita comune secondo gli obiettivi associativi indicati.
Per ogni informazione si prega di contattare la responsabile del progetto
Avv.Annamaria Peragine a: info@baresinelmondo.it

Panetta, orgoglio degli italiani residenti in America





Il senato americano ha approvato la sua nomina a ministro della difesa all'unanimita'. I commenti positivi sul personaggio si sono sprecati sia da parte democratica che repubblicana. Leon Panetta, figlio di due emigrati di Siderno in Calabria che aprirono un ristorante a Monterey in California, e' un tipico esempio di italiano che si e' affermato al massimo della gerarchia politica e amministrativa. Avvocato, professore, ha iniziato da giovane la sua esperienza politica lavorando per grandi personaggi repubblicani. Ma nel 1971 ha deciso di passare ai democratici perche', secondo lui, il GOP stava perdendo ormai la sua posizione di centro e si stava avviando inesorabilmente verso posizioni di destra estrema. Facile previsione. Il 30 giugno l'attuale ministro della difesa, Robert Gates, lascera' l'incarico. Unico rappresentante repubblicano nel gabinetto del Presidente Barack Obama, ha detto che vuole riconquistare un suo spazio privato. Ma la verita e' che si e' trovato in netto contrasto con le ultime decisioni del Presidente tra cui quella di ritirare 30mila uomini dall'Afghanistan entro il 2013. Leon Panetta ha assunto l'incarico di direttore della CIA nel 2009 e grazie alla spinta che ha dato a questa potente organizzazione di intelligence, e' stato possibile incastrare e far fuori Osama Bin Laden da oltre dieci anni uccel di bosco. Si fa per dire, visto che viveva in un compound del quale erano bene a conoscenza i pakistani. Con il Presidente Clinton Leon Panetta ha fatto un gran lavoro nella sua qualita' di chief of staff. Insomma: c'e' da essere orgogliosi come italiani residenti in America. Una volta tanto non si parla di noi solo per avere introdotto la mafia in questa ed in altre nazioni.
Rimanendo sul piano della correttezza istituzionale che si verifica spesso in questa Nazione, vogliamo segnalare al nostro Lettore italiano che i senatori John McCain e Lindsey Grahm si sono dissociati dagli altri esponenti del partito repubblicano e candidati alle prossime elezioni presidenziali. Hanno detto che loro sono al fianco del Presidente che ha deciso di intervenire in Libia per dare un aiuto umanitario e bloccare il massacro di civili operato dalle milizie di Gheddafi. I due senatori hanno fatto questa affermazione nonostante che gli altri repubblicani da giorni chiedano la testa del Presidente che avrebbe dichiarato guerra alla Libia senza avere l'autorizzazione del Congresso. E nonostante Obama abbia piu' volte confermato che si tratta di una operazione, diciamo cosi', umanitaria e non una guerra per la quale occorre appunto il parere favorevole del Congresso.


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....purtroppo pochissimi si accorgono di Leon Panetta, mentre il resto del mondo continua a vedere gli italiani cosi'...

http://video.corrieredelmezzogiorno.corriere.it/notte-incubo-centro-napoli/cm-157095

giancarlo [giancarlo.belluso@gmail.com]
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Caro Oscar,

grazie per segnalarci, con Leon Panetta, motivi di orgoglio: l'orgoglio di essere italiani !
I nostri cattivi maestri di un tempo ci avevano lasciato credere che Bacone, Copernico, Keplero, Cartesio, Eulero, Nepero, etc. facessero parte del "popolo di eroi, di santi, di poeti, di artisti, di navigatori" di italica fascistica memoria.
Per fortuna le virtu' sono, secondo Giustizia ed Equita', ben distribuite nei quattro angoli del mondo. E l'Uguaglianza potra' farci Liberi e Fratelli, secondo il motto delle Rivoluzioni moderne, Americana e Francese.

Cordiali saluti e buon lavoro.

Dario Seglie
Torino

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Finalmente, e sono d'accordo.
My next SecDef.
God Bless The United States of America!
v/r
MSG Antonio Giuliano
Master Vocalist
National Anthem Soloist
The United States Army Chorus
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Caro Dottor Bartoli.....
Grande articolo su un uomo che ho avuto l'onore di conoscere personalmente durante la mia permanenza all'Istituto di Lingue del Ministero della Difesa USA.
Volevo solo precisare che e' Monterey e non Monterrey (l'ultima e' una citta' del Messico e non della California).
Grazie ancora per il Suio contributo all'italianita' vera.....
Cordialmente,
Carlo Ilio Mannocci

Salem, Oregon
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Caro Oscar,
- vero che traspare da ogni tuo scritto il tuo pensiero politico,
- vero è anche che la sinistra se l'è cercata, con tutte le sue lotte interne,
con il suo poco o assente propositivismo.
- vero che è bello anche stare all'opposizione in quanto si può criticare liberamente.
- vero che fra Bunga Bunga e businesses abbiamo un leader che farebbe meglio a dimettersi.
- vero anche che non si possono accogliere ad oltranza extra comunitari, da loro tutto l'appoggio possibile ed
immaginabile per potere andare a riscuotere il loro voto al momento delle elezioni.
- vero che il passaggio all'Euro ce lo ha fatto fare Prodi.
- vero anche che Berlusconi non ha fatto nulla per proteggerci dallo scherzetto Euro che ha messo tanti sul lastrico.
- vero che il gettito fiscale di questo paese è costituito per il 93% dai contributi che pagano dipendenti e pensionati.
- vero anche che se la nostre intelligenze non importavano in Italia il sistema Mc Kinsey sarebbe stato meglio,
ci sarebbero meno stress, meno suicidi e meno disoccupati.
- Vero che chi grida di più allo scandalo farebbe meglio a tacere in quanto non conosce l'Italiano ed ha tante cose
da nascondere in casa sua che dovrebbe vergognarsi.

Ed infine solo chi l'ha provato sa cosa vuol dire avere fame, solo chi è stato malato capisce cosa vuol dire aver bisogno di assistenza,
solo chi va a piedi capisce cosa sono le pozzanghere dovute ai buchi per le strade.
E se la nostra classe politica si dimezzasse gli stipendi, se non bastasse un mandato solo per avere un vitalizio, ne starebbe tanto meglio la nostra nazione.
Chi ha la pancia e le tasche piene non può capire chi non riesce ad arrivare alla fine del mese.
Per conseguenza ce n'è per tutti, senza nessuna distinzione politica.

Un cordiale saluto
Salvatore Nieddu
Imperia

Lettera aperta a Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica Italiana



Illustre Signor Presidente:
ho avuto il privilegio tre volte negli ultimi anni di stringerLe la mano quando ha presentato a Georgetown University un suo libro e in occasione di due visite ufficiali negli States culminate in incontri in Ambasciata con i residenti italiani.
Mi permetto indirizzarle queste modeste riflessioni da emigrante che segue con attenzione le vicende del Bel Paese.
L’Italia ha vissuto un mese di alta tensione per le importanti elezioni amministrative e a poca distanza per il Referendum di portata nazionale.
Una vasta maggioranza degli elettori è andata a votare con un risultato, sia nelle elezioni amministrative che nel referendum, che ha visto un larghissimo dissenso nei confronti della coalizione che governa la Nazione.
C’è poi stata l’annuale adunata delle camicie verdi della Lega a Pontida caratterizzata da espressioni volgari che hanno punteggiato il discorso del Capo Indiscusso, l’onorevole Ministro Bossi che, nonostante il personale tracollo elettorale e le minacce rivolte al suo alleato Berlusconi, continuerà comunque a fare da ruota di scorta ad una alleanza sempre più sfilacciata e sorretta solo da alcuni membri del Parlamento italiano che si sono fatti convincere a trasmigrare, all’insegna del sempiterno “tengo famiglia” (e qualcuno anche più di una).
Ma quello che ha più colpito il redattore di questa lettera, gentile Signor Presidente, sono state le urla dei leghisti sul pratone di Pontida ripetute a dismisura che invocavano la ‘secessione’, ovvero la separazione territoriale e politica della cosiddetta Padania dalla Madre Patria.
Si potrà dire che si tratta di un vecchio ritornello, un disco rotto della Lega per miscelare il cocktail di istinti beluini e grossolani di gran parte dei suoi aderenti.
Ma ci chiediamo che effetto Le avranno fatto quelle grida di qualche migliaio di fondamentalisti leghisti. Qualcuno potrà obiettare che anche nella nazione che mi ospita, gli Stati Uniti, ci sono molti fondamentalisti, soprattutto di estrema destra, che chiedono la secessione dei loro stati da quello federale. Ma non fanno parte del governo.
Lei si è adoperato in questi ultimi anni perché il popolo italiano riscoprisse la ‘magia’ del Risorgimento e il sacrificio di tanti cittadini che hanno dato la loro vita per contribuire alla realizzazione del sogno dell’Unità d’Italia.
E ci è riuscito, signor Presidente. Chi le scrive porta con orgoglio sul bavero la spilla dei 150 anni della nostra Patria.
E siccome immagino che, quelle invocazioni alla ‘secessione’ Le saranno andate di traverso, desidero dirLe, caro Presidente Napolitano, che come residente all’estero mi ritengo fortunato ad avere un Presidente come Lei che così bene ci rappresenta, recuperando in termini di immagine complessiva il danno quotidiano che i saltinbanco della politica italiana arrecano al nostro amato Paese. Come vede Le parlo in termini personali perché in occasione del recente Referendum non è che gli italiani all’estero abbiano dato prova di consistente attaccamento alla patria d’origine.

Un grazie affettuoso, ricordando “per aspera ad astra”.

Oscar Bartoli
Washington DC

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Ci scrivono:

Caro Oscar

Ti ringrazio di avermi fatto partecipe della bellissima lettera inviata al Sig Presidente, il cui contenuto mi trova profondamente concorde.
Mi farai cosa sicuramente gradita se vorrai continuare a inviarmi i tuoi interessantissimi articoli.
Ti auguro una buona giornata .
Un cordiale saluto
Fabio Santi
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Caro Oscar,
Complimenti per
Lettera aperta al Presidente Napolitano.

Cordiali saluti,
Vincenzo Greco
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Oscar, con il politically correct si va' avanti a stenti (si puo' dire sempre meglio del duce e sono d'accordo) pero' quello che la Lega tenta di fare e' spingere a 100 (secessione) per ottenere 50 (federalismo) ! ...
e in altre parole, se gli danno il Federalismo OK, se no fanno bene a voler secedere !! ..
... se il centro/sud non vuole togliersi i privilegi, perche il nord dovrebbe sempre pagarne le conseguenze? naturalmente questa e' una frase succcinta e la vita e' piu' complicata di una frase sola.
Ma e' indubbio che c'e' del lassismo esagerato e una pulsione di politica protettiva di interessi acquisiti chee non si volgiono piu' mollare.
E' anche indubbio che le due parti di italia siano differenti e il federalismo metterebbe in posizione il Centro/Sud di definire i suoi budget/consuntivi che non saranno lasciati al destino ma almeno ad una discussione per essere finanziati!

" ...È mai possibile che in Lombardia un dipendente regionale costi 21 euro a ogni cittadino contro i 70 della Campania? E i 173 del Molise? O i 353 della Sicilia?
http://www.corriere.it/politica/11_giugno_18/costi-politica-rizzo_ceae1716-9975-11e0-872e-8f6615df4e68.shtml
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Grazie per questa ventata di aria pura, caro Oscar! Qui in Italia c'è ben poco da rallegrarsi e ci si vergogna ogni giorno di essere italiani perchè abbiamo un governo corrotto che sta distruggendo il nostro splendido Paese. Non salvo nè chi è al governo nè chi è all' opposizione. Se non avessero tutti troppi panni sporchi e scheletri negli armadi, non consentirebbero che accadesse ciò che sta accadendo , nonostante la mancanza di consenso del popolo. Tanto per fare un esempio, come stanno gestendo la storia della cosoddetta P4? C'è troppo marciume. Io sono una di quelle persone che vanno alle manifestazioni di protesta, che lottano ogni giorno per cambiare, ma nulla cambia e a volte, come in questo momento, mi viene la stanchezza e viene meno la voglia di lottare perchè sembra tutto inutile. Dopo i successi del Referendum avevo sperato, ma......
Un caro affettuoso abbraccio unito all' ammirazione per la tua capacità di non deflettere nella voglia di denunciare.
Caramente,
Silvia
Roma


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Nella sua lettera al presidente (forse immaginaria forse no) si arrocca sulle parolacce, sui fulgori di folla che servono alla lega solo se l'talia dice NO al federalismo.
Questo e' vedere la realta' e questo e' anche quello da dire al suo carissimo, ma anche mio presidente napolitano, il quale ha lavato il culetto molte volte a quel mafioso di berlusconi e ha permesso di perdere tempo prezioso nella guida della solita italia in sfacelo.
Perche' poi, non ha aggiunto nella lettera al presidente almeno di essere daccordo con il Federalismo (a cui vedo che lei non si lamenta in america) e quindi perche' non spingerlo anche in italia! ...
Le responsabilita' scaricate sugli altri sono una anti democrazia di primo livello !! .. basta ...

Io poi preferisco i taxisti o amici americani di los angeles che mi dicano "Bunga Bunga" che "spaghetti e mandolino" !! cioe' un'italia che non sanno!! .. passo dopo passo finche capiranno che devono dire molte piu' cose ... e poi c'e' sempre la risposta "siamo semrpe avanti rispetto a Clinton Socka Socka" ... (scusi l'intervallo! ahah)

La prego dica questo anche al presidente.
grazie e ciao
marino

PS: by the way .. non sono della Lega .. sono per le persone intelligenti e basta ..
mmaronati@aol.com
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Caro Oscar,

La tua lettera aperta al nostro beneamato Presidente, Giorgio Napolitano, e'
un capolavoro!

Buona estate a te e famiglia.

Cari saluti,

Anna
Florida
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Caro Oscar,
a Pontida ci son passata la vigilia per capire ‘la pancia’ della lega.
E la pancia vuole soprattutto lo stop agli immigrati. Poi, non pagare le tasse (ma tanto già non le pagano , come sai qua le tasse le pagano solo i dipendenti). La secessione fa parte del folklore.
In primavera Napolitano è venuto a Bergamo ed è stato un bagno di folla vera e tricolori. Il nord è contraddittorio, in Lombardia si tifa per Pisapia, se Milano cede, allora i barbari arrivano del tutto. Pare che questa volta pd and friends l’abbiano capita. Perhaps.
Ciao

Susanna

Bergamo (Italy)

L'Italia sempre all'inseguimento

Messaggio di Romano Prodi ai partecipanti al convegno bolognese



Father's Day

Good morning,
I grew up without a father around. I was lucky enough to be raised by a wonderful mother who, like so many heroic single mothers, never allowed my father's absence to be an excuse for me to slack off or not always do my best. But I often wonder what it would have been like if my father had a greater presence in my life.
So as a father of two young girls, I've tried hard to be a good dad. I haven't always been perfect – there have been times when work kept me away from my family too often, and most of the parenting duties fell to Michelle.
I know many other fathers face similar challenges. Whether you're a military dad returning from deployment or a father doing his best to make ends meet for his family in a tough economy, being a parent isn't easy.
That's why my Administration is kicking off the Year of Strong Fathers, Strong Families. We're joining with dads across the country to do something about father absence. And we're taking steps to offer men who want to be good fathers but are facing challenges in their lives a little extra support, while partnering with businesses to offer fun opportunities for fathers to spend time with their kids. For example, the Association of Zoos and Aquariums, Major League Baseball and the WNBA are offering discounts for fathers and their kids, and companies like Groupon and LivingSocial will be featuring special offers for activities fathers can do with their children.
We know that every father has a personal responsibility to do right by their kids – to encourage them to turn off the video games and pick up a book; to teach them the difference between right and wrong; to show them through our own example the value in treating one another as we wish to be treated. And most of all, to play an active and engaged role in their lives.
But all of us have a stake in forging stronger bonds between fathers and their children. All of us can support those who are willing to step up and be father figures to those children growing up without a dad. And that's what the Year of Strong Fathers, Strong Families is all about.
So I hope the dads out there will take advantage of some of the opportunities Strong Fathers, Strong Families will offer. It's one way of saying thank you to those who are doing the most important job of all: playing a part in our children's lives.

Happy Father's Day.
Sincerely,
President Barack Obama
P.S. Earlier this week, I did a TV interview and wrote an op-ed on this topic. You can see both on WhiteHouse.gov.


This email was sent to oscarb1@rcn.com.
The White House • 1600 Pennsylvania Ave NW • Washington, DC 20500 • 202-456-1111

Viva Firenze e il Calcio in Costume



Grazie al giovane e capace sindaco Matteo Renzi il Calcio Storico Fiorentino e' ritornato in piazza Santa Croce. Questo sport rinascimentale era stato sospeso dopo che una partita del 2006 si era conclusa con una generale scazzottata tra i giocatori e senza che la palla venisse calciata. Ora che il cacio storico fosse da sempre l'occasione per regolare conti personali tra appartenenti ai quattro quartieri di Firenze (Santo Spirito, Santa Croce, Santa Maria Novella e San Giovanni) lo si e' sempre saputo. Ma un po' di gioco fiorentini e turisti se lo aspettavano. E cosi' sono andati sotto processo i giocatori delle due squadre e grazie alla lentezza della giustizia italiana non si e' arrivati ancora a sentenza. Ma la semifinale dei giorni scorsi che si e' tenuta a Santa Croce tra Rossi e Bianchi (questi hanno vinto) ha dimostrato come le nuove regole funzionino e lo spettacolo e' stato assicurato. il Il Calcio Storico fiorentino affonda le sue origini nella Sferomachia greca copiata dai romani con l'Harpastum. Ma la data ufficiale della sua nascita si fa risalire al 17 febbraio 1530 quando i fiorentini assediati dalle truppe di Carlo V, lo sbeffeggiarono mettendosi a giocare a calcio in piazza Santa Croce e suonando a distesa le campane delle chiese.
Questa attivita' sportiva si e' andata affievolendo nel corso dei secoli tanto da scomparire tra le gare organizzate.
E' stato solo nel maggio del 1930 che il calcio in costume e' tornato alla ribalta grazie al gerarca fascista Alessandro Pavolini. E da allora, con l'interruzione della Seconda Guerra Mondiale, il campionato si e' tenuto ogni anno a giugno.
Le regole sono sempre quelle rinascimentali: durata della partita 50 minuti, 27 giocatori per squadra, Si deve portare il pallone con ogni mezzo nella rete avversaria (le reti coprono il fondo del rettangolo). E si deve stare bene attenti a non sbagliare la mira perche' altrimenti viene riconosciuta una mezza 'caccia' all'avversario. Indipendentemente da dove si svolge l'azione ognuno puo' ostacolare un giocatore di parte avversa. Gli arbitri intervengono per sedare le inevitabili risse.
Le nuove regole emanate dal Comune di Firenze stabiliscono che sono stati aboliti i limiti d’età introdotti dopo il 2006. Per giocare sarà sufficiente un certificato medico sportivo che assicuri l’idoneità del calciante; attenuata la condizione sui carichi pendenti: fino a questo momento erano stati banditi tutti coloro che avessero precedenti o procedure penali in corso. Insomma non si cercano seminaristi per questo gioco all'insegna del testosterone. Sono consentiti gli scontri tra giocatori, sempre per il possesso della palla, ma dovranno essere uno contro uno. Nessun terzo dovrà intromettersi nel confronto, (proprio per evitare le risse) pena non più la squalifica per qualche partita bensì la radiazione totale dal torneo.
E con tutto il rispetto per i connazionali americani, assistendo ad una partita del Calcio in Costume ti vien fatto di sorridere pensando ai giganti del football USA coperti di armature sino all'inverosimile.
Viva la mia Firenze citta' delle belle donne..etc.

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L'Ambasciatore americano Marisa Lino ci scrive:

Oscar:

Nel 1993, per il Calcio in Costume, ero il "Magnifico Messiere" che dichiarava la squadra vincitore. C'erano i miei genitori in visita...un bellisimo spetacolo. Sono contenta che sia tornato!

marisa
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giancarlo [giancarlo.belluso@gmail.com]

Abbasso lo storico calcio corrotto italiano.

Chissa' perche' quando sento la parola "calcio" mi viene la nausea. Per questa manifestazione storica fiorentina bisognerebbe trovare una definizione diversa. La parola "calcio" in italia la associo subito a "sporche scommesse" "imbrogli e malaffari" "personaggi viscidi" "sportivi truffaldini" "calciatori corrotti" "facili inverosimili guadagni" e purtroppo non riesco piu' a concentrarmi su tale piacevole evento storico.

Caro Bartoli,
impossibile lasciare commenti sul blog, la funzione "comments" e' la piu' complicata di tutti i blogs che conosco.
Immagino presto sara' anche impossibile risponderti sulla e-mail.
Peccato perche' e' un interessantissimo blog per chi vive negli US.
saluti

Africa: gli italiani che si fanno apprezzare all'estero

Quella utopia chiamata Africa

Decine di esperti delle Nazioni Unite, African Union, docenti universitari, rappresentanti di governi africani tra i quali il presidente del Malawi, osservatori dell’amministrazione americana si sono dati appuntamento a Washington per un convegno sul futuro del continente nero. Titolo: Africa: 53 Countries One Union. L’evento è stato organizzato dalla Foundation for World Wide Cooperation, presieduta dal professor Romano Prodi. Aprendo i lavori di questa due giorni, Prodi ha detto che in un momento come l’attuale caratterizzato da ribellioni, secessioni e guerre civili, potrebbe sembrare utopico parlare di integrazione africana. Ma con il supporto delle Nazioni Unite a favore dell’Unione Africana e con una chiara visione di questo obiettivo da parte delle nazioni industrializzate si deve continuare a lavorare per raggiungere una sostanziale integrazione tra le nazioni africane nell’interesse di tutti. L’università di Bologna, grazie alla Fondazione di Prodi, ha creato dieci borse di studio destinate a giovani africani che dovranno occupare posizioni di vertice nei propri stati.















Il Lettore Aldo ci scrive da M ilano

Caro Oscar Bartoli:
Ti riporto nel seguito un commento di Roberto Perotti sul Governo Berlusca (il Sole 24 Ore di oggi). Io, come sai, sono uno dei super delusi dall'uomo. L'ho seguito quando è entrato in politica, dandogli il merito di aver evitato che l'ex PCI rilavato (unico partito comunista europeo sopravvissuto alla grande al crollo del muro) straripasse sulla cenere di un'enigmatica fase "Mani Pulite". Mi sono via via distaccato dall'uomo in progressione lineare con il crescendo della sua follia, culminata adesso con il BUNGA BUNGA, Lele Mora, Emilio Fede, Minetti e quanto altro. Trovo, inoltre, ignobile l'essere governati da una classe politica scelta grazie ad una legge elettorale feudale, che permette di avere in Parlamento, nella più parte dei casi, la materializzazione dell'espressione dell'italico "Franza o Spagna, purchè se magna".
Ti ricordo che ai tempi dei ns. studi universitari (parlo degli anni sessanta), quando bisognava scegliere dove indirizzarsi per il futuro, era visto nel ns. ambiente "un ripiego" l'ingresso in politica, scelto dai "meno brillanti", se non dai meno propensi alle attività di studio e cultura. Comunque, il peggio di allora era mediamente il meglio dell'attuale classe politica.
Ritenendo che oramai il ns. Presidente del Consiglio sia "andato" (il crescendo esponenziale è iniziato da quando Scapagnini non ha potuto più seguirlo come medico neuro-endocrinologo-farmacologo, anche se lo stesso Scapagnini ha affermato che "Silvio ha un sistema di tipo neuro immunitario veramente straordinario per cui niente mina la sua salute» e che è «tecnicamente immortale»), ho criticamente rivisto la mia posizione nei confronti di questo Centrodestra e del suo leader.
Allo scopo trovo piena concordanza nell'articolo che ti allego, risposta data all'Economist da Roberto Perotti e che il Sole 24 ORE ha pubblicato sul suo sito per l'Economist .
Dammi un tuo commento che, come sai, ho sempre tenuto in considerazione, avendoti sempre conosciuto come liberale di mente e di fatto.
Un caro saluto,

Aldo
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Dear Economist, this time you're wrong (Caro Economist, questa volta ti sbagli) - Commenta
di Roberto Perotti Sole-24 Ore
The Economist is wrong.
Yes, Berlusconi has indeed "screwed Italy", but not for having hindered its growth. I have separately calculated the average growth rate of the Gross domestic product during the last twenty years, during the center-left and center-right governments. The truth is that the country has stagnated with the center-right, with an average growth of 0.1% a year, while the average growth with the center-left was 1.4%: the difference is quite obviously abyssal if considered over twenty years.
But in order to make a correct comparison, the international situation should be taken into account, and the center-right governed during those periods (the beginning of the year 2000 and obviously during the last recession) in which the growth had been very low all over the world.

Caro Economist, stavolta ti sbagli

The difference with respect to other countries has been more or less the same under both sides (indeed only slightly better under the center-right): with both Italy has grown on an average of 1.1% a year less than the other EU countries, 1.2% less than the G7 countries and 1.4% less than the OSCE countries. Very helpless figures, but bipartisan. Then they tell us that we tend to give too much importance to the governments; as soon as the economy does well, those supporting the government give it all the merit; when things go bad, those against the government do nothing but blame it.
In reality many years are often needed before the reforms are reflected in an improvement of the growth that can actually be observed. Instead it is true that a government can easily and rapidly ruin a country, as those citizens in Venezuela and Zimbabwe know very well. However we can fortunately say that during the Second Republic we have had competent Financial Ministers who at least have avoided big disasters: this is a difference with respect to the 1970's and 1980's that we rarely realize.

Therefore the real negative inheritance left by Berlusconi has not been economic.

The first inheritance has been having taken the social debate back thirty years. Berlusconi has confirmed and indeed reinforced the hostility instinctively felt for the market by the majority of both right-wing and left-wing Italians. He has reinforced the natural conviction of many that all the reforms are a conspiracy of the rich against the poor.

The second inheritance left by Berlusconi is having tarnished the notion of "competence". For decades Italy has been governed by professional politicians who could speak for hours about "parallel conversions" while the country was drowning. It is comprehensible that there are those who hope in a change: a manager used to solving concrete problems and able to speak directly to the famous housewife in Voghera. However Berlusconi was convinced that all he needed to do in order to govern would be to announce the abolition of ICI (the property tax) for your main home, three days before the elections, or put down the first brick on the bridge over the Strait of Messina, which he fortunately does not have the money to build, or even announce a new Housing Plan every two years, without having the foggiest idea how it should be done. And today he really believes that in order to cover a defeat all he has to do is "announce the bomb" of the relocation of some ministerial offices from Rome to Milan.

The third inheritance left by Berlusconi is the feeling of humiliation inflicted to many citizens, in the name of an anti-communist feeling which by now has become pathological and seems to justify any atrocity. The humiliation of a medieval electoral law that prevents the citizens from expressing themselves, used by those in power to elect civil servants without dignity and girls who have no clue what they are doing, while Italian families try to convince their children that studying is important. The humiliation of seeing the journalists of five television news programs, some paid by the tax-payers, interview the boss by reading tremulant questions written by him.

Finally, the fourth inheritance left by Berlusconi is having ruined the image of Italy abroad, as anyone who speaks with a foreigner knows very well. In the long run, a government with no competent leader is inevitably perceived as such in the opinion polls and in international relationships. The consequence is that these last few years have confirmed the worse cliché about Italy for foreigners (with the exception of some ministers who would have deserved a better government): improvisation, unreliability and carelessness, all flavored with bad jokes, spaghetti and mandolin.

Well in view of all this, dear Economist, the economy is actually only the tip of the iceberg.

We the people...!




Siamo rientrati da una cena in Virginia. Amici italiani di destra scandalizzati per i risultati del referendum.

"Possibile che gli italiani siano cosi' stupidi da non rendersi conto che il voto contro l'energia nucleare sicura, quella di nuova generazione, accrescera' l'impoverimento dell'Italia costretta ad importare quantita' sempre maggiori di elettricita' dall'estero immediatamente al di la' delle Alpi ?" Questo il commento di un imprenditore che da anni vive a Washington.

"Quanto all'acqua non hanno capito - aggiunge un altro - che con questo voto fanno il gioco della camorra e delle varie mafie organizzate che hanno tutto l'interesse a che gli acquedotti siano in mano pubblica."

Non replichiamo, per non inquinare l'atmosfera e mettere a disagio i padroni di casa.

Visto da 7500 km di distanza questo voto referendario, a 14 giorni dalla botta tremenda presa da Berlusconi alle amministrative, ha una significativa valenza politica.

La gente ha votato non solo contro il nucleare sulla scia di quanto e' successo a Fukushima in Giappone.

La gente ha votato contro Berlusconi, contro il suo governo incapace di gestire i gravi problemi dell'Italia perche' imprigionato nella perenne preoccupazione del Primo Ministro di farla franca in tribunale.

La gente e' stufa dell'arroganza becera dei cortigiani, nani e ballerine, del monarca.

E per quanto ci riguarda personalmente siamo stufi di prendere un taxi a Washington, New York, Los Angeles e quando il conducente ci chiede di dove siamo e gli rispondiamo che veniamo dall'Italia la battuta automatica e' sempre : " Bunga-Bunga".

Una immagine negativa pesante da sopportare.

Richard Dreyfuss, dall'inferno al paradiso della scoperta di se stesso


Il Washington Club e' situato in Dupont Circle, punto di ritrovo internazionale degli omosessuali. Questo piccolo building resiste alla distruzione e ricostruzione sistematica della Capitale grazie al fatto che fu la Casa Bianca durante la presidenza del discusso repubblicano Calvin Coolidge. I massoni della Grand Lodge of DC, insieme a decine di Gran Maestri venuti da tutto il mondo per la celebrazione del Brotherhood Week End (compreso il Gran Maestro Aggiunto Massimo Bianchi del GOI) si sono dati appuntamento nel salone dell'ex residenza presidenziale per ascoltare e applaudire Richard Dreyfuss che nel 2001, proprio a ridosso dell'onda di sdegno emotivo che caratterizzo' l'attentato alle Torri ed al Pentagono, presto' la sua faccia come conduttore di un documentario sulla Massoneria che ancora oggi gira su History Channel e le televisioni collegate. Un documentario voluto e finanziato da Akram Elias.
Richard Dreyfuss e' un personaggio molto contrastato. La sua biografia e' piena di successi e disastri traumatici che hanno segnato profondamente la sua mente e il fisico.Da poco e' entrato nell'Istituzione anche se, come ha dichiarato, "Credo nella Massoneria sino da quando avevo 11 anni." La sua carriera di attore cinematografico e' stata punteggiata da grandi successi e grandi sconfitte dovute soprattutto alla droga che gli ha distrutto la memoria e lo ha menomato nel fisico. In un incidente automobilistico, causato appunto da uno stato confusionale dovuto alle sostanze chimiche che aveva assunto, Dreyfuss e' stato in pericolo di vita per molto tempo. In effetti oggi dimostra molto di piu' dei 65 anni che ha.
Richard Dreyfuss e' famoso anche per le battute fulminanti con le quali ha caraterizzato il suo tormentato percorso di attore a Hollywood. Famosa quella secondo cui tutti i dirigenti delle principali corporations dell'industria cinematografica sono dei ladri.
Ai Fratelli radunati nella ball room, rigorosamente in tuxedo e accompagnati da signore in abito lungo, Dreyfuss ha parlato a braccio di quanto sta facendo in West Virginia per recuperare un po' di giovani attraverso l'insegnamento. Ha disegnato un'America nella quale i principi costituzionali di convivenza si vanndo disintegrando. Un'America in cui il 'common sense' non e' piu' comune, in cui tutto si sta ribaltando: la vita privata diventa pubblica e quella pubblica vuole restare privata. La sua personale battaglia per un recupero di moralita' negli Stati Uniti e'in linea con i tre principi su cui si muove la Massoneria a livello mondiale (Tolleranza, Pacificazione, lotta alla Tirannia).
A 30 anni nel 1977 e' stato il piu' giovane artista a vincere un Oscar. E nonostante il gran numero di film nei quali ha recitato parti molto caratterizzate di uomini falliti, la sua carriera a Hollywood lo ha visto protagonista di epici scontri con i direttori del cast dei vari film con i quali doveva sostenere le audizioni.
Figlio del suo tempo e degli eccessi dei giovani negli anni '70 e '80 Richard Dreyfuss e' un tipico esempio di americano, innamorato della sua Patria. Un uomo con alle spalle un passato di sregolatezza che, superato con volonta' e l'aiuto dell'unica moglie il morso della droga, vuole destinare gli ultimi anni della sua vita ai giovani ai quali dare gli strumenti di cultura e volonta' per ricostruire un futuro migliore.
Richard Dreyfuss dedica oggi tutte le sue energie e il suo patrimonio alla sua fondazione, la Dreyfussinitive.org, che si propone di riportare il senso civico di appartenenza tra i giovani americani. L'attore ha annunciato recentemente che sara' creato il George Washington Institute on the Enlightenement per la conservazione e disseminazione di tutte le opere, documenti e storia dell'Illuminismo. Il centro sara' in West Virginia proprio in quegli edifici che furono della famiglia di George Washington. Chiamato in sigla, GWITE, questa iniziativa didattica di spessore internazionale ha lo scopo di ricordare che il futuro della democrazia americana, e la sovranita' popolare sono a rischio a causa dell'indifferenza dei giovani e della costante erosione degli interessi economici.

L'uomo che ha fottuto un intero Paese





(da Economist)

Silvio Berlusconi's record
The man who screwed an entire country


The Berlusconi era will haunt Italy for years to come
Jun 9th 2011

SILVIO BERLUSCONI has a lot to smile about. In his 74 years, he has created a media empire that made him Italy’s richest man. He has dominated politics since 1994 and is now Italy’s longest-serving prime minister since Mussolini. He has survived countless forecasts of his imminent departure. Yet despite his personal successes, he has been a disaster as a national leader—in three ways.

Two of them are well known. The first is the lurid saga of his “Bunga Bunga” sex parties, one of which has led to the unedifying spectacle of a prime minister being put on trial in Milan on charges of paying for sex with a minor. The Rubygate trial has besmirched not just Mr Berlusconi, but also his country.

However shameful the sexual scandal has been, its impact on Mr Berlusconi’s performance as a politician has been limited, so this newspaper has largely ignored it. We have, however, long protested about his second failing: his financial shenanigans. Over the years, he has been tried more than a dozen times for fraud, false accounting or bribery. His defenders claim that he has never been convicted, but this is untrue. Several cases have seen convictions, only for them to be set aside because the convoluted proceedings led to trials being timed out by a statute of limitations—at least twice because Mr Berlusconi himself changed the law. That was why this newspaper argued in April 2001 that he was unfit to lead Italy.
We have seen no reason to change that verdict. But it is now clear that neither the dodgy sex nor the dubious business history should be the main reason for Italians looking back on Mr Berlusconi as a disastrous, even malign, failure. Worst by far has been a third defect: his total disregard for the economic condition of his country. Perhaps because of the distraction of his legal tangles, he has failed in almost nine years as prime minister to remedy or even really to acknowledge Italy’s grave economic weaknesses. As a result, he will leave behind him a country in dire straits.

A chronic disease, not an acute one

That grim conclusion might surprise students of the euro crisis. Thanks to the tight fiscal policy of Mr Berlusconi’s finance minister, Giulio Tremonti, Italy has so far escaped the markets’ wrath. Ireland, not Italy, is the I in the PIGS (with Portugal, Greece and Spain). Italy avoided a housing bubble; its banks did not go bust. Employment held up: the unemployment rate is 8%, compared with over 20% in Spain. The budget deficit in 2011 will be 4% of GDP, against 6% in France.

Yet these reassuring numbers are deceptive. Italy’s economic illness is not the acute sort, but a chronic disease that slowly gnaws away at vitality. When Europe’s economies shrink, Italy’s shrinks more; when they grow, it grows less. As our special report in this week’s issue points out, only Zimbabwe and Haiti had lower GDP growth than Italy in the decade to 2010. In fact GDP per head in Italy actually fell. Lack of growth means that, despite Mr Tremonti, the public debt is still 120% of GDP, the rich world’s third-biggest. This is all the more worrying given the rapid ageing of Italy’s population.

Low average unemployment disguises some sharp variations. A quarter of young people—far more in parts of the depressed south—are jobless. The female-participation rate in the workforce is 46%, the lowest in western Europe. A mix of low productivity and high wages is eroding competitiveness: whereas productivity rose by a fifth in America and a tenth in Britain in the decade to 2010, in Italy it fell by 5%. Italy comes 80th in the World Bank’s “Doing Business” index, below Belarus and Mongolia, and 48th in the World Economic Forum’s competitiveness rankings, behind Indonesia and Barbados.

The Bank of Italy’s outgoing governor, Mario Draghi, spelt things out recently in a hard-hitting farewell speech (before taking the reins at the European Central Bank). He insisted that the economy desperately needs big structural reforms. He pinpointed stagnant productivity and attacked government policies that “fail to encourage, and often hamper, [Italy’s] development”, such as delays in the civil-justice system, poor universities, a lack of competition in public and private services, a two-tier labour market with protected insiders and exposed outsiders, and too few big firms.

All these things are beginning to affect Italy’s justly acclaimed quality of life. Infrastructure is getting shabbier. Public services are stretched. The environment is suffering. Real incomes are at best stagnant. Ambitious young Italians are quitting their country in droves, leaving power in the hands of an elderly and out-of-touch elite. Few Europeans despise their pampered politicians as much as Italians do.

Eppur si muove

When this newspaper first denounced Mr Berlusconi, many Italian businesspeople replied that only his roguish, entrepreneurial chutzpah offered any chance to modernise the economy. Nobody claims that now. Instead they offer the excuse that the fault is not his; it is their unreformable country’s.

Yet the notion that change is impossible is not just defeatist but also wrong. In the mid-1990s successive Italian governments, desperate not to be left out of the euro, pushed through some impressive reforms. Even Mr Berlusconi has occasionally managed to pass some liberalising measures in between battling the courts: back in 2003 the Biagi labour-market law cut red tape at the bottom, boosting employment, and many economists have praised Italy’s pension reforms. He might have done much more had he used his vast power and popularity to do something other than protect his own interests. Entrepreneurial Italy will pay dearly for his pleasures.

And if Mr Berlusconi’s successors are as negligent as he is? The euro crisis is forcing Greece, Portugal and Spain to push through huge reforms in the teeth of popular protest. In the short term, this will hurt; in the long term, it should give the peripheral economies new zip. Some are also likely to cut their debt burden by restructuring. An unreformed and stagnant Italy, with a public debt stuck at over 120% of GDP, would then find itself exposed as the biggest backmarker in the euro. The culprit? Mr Berlusconi, who will no doubt be smiling still.

“Financial Security: China and the World” -

Alberto Forchielli, Caixin ci segnala da Pechino


Speech of President Romano Prodi
Professor at CEIBS

Beijing 20-21 May 2011

Introduction



Highly Distingueshed Guests,

Ladies and Gentlemen,

Never before has the financial sector played such an important role in the world economy as in the last few years. Financial markets triggered the economic crisis. Failure to reform them is endangering prospects for economic recovery. There is growing consensus that unless the international monetary and financial system is overhauled, long-term, stable development will be undermined.

A sound financial system is at the heart of any economic organization. As recent history has shown, turmoil in the financial world can cause prolonged, irreparable damage to the functioning of the real economy. Only a well-regulated global financial system will guarantee the future of each and every one of us. Yet it is all too evident that we are still a long way from achieving that goal.

Bretton Woods: a world long gone

At the root of this predicament is the global political situation. But to explain this we must take a quick step back in history.

The Bretton Woods Agreements that regulated the world economy for decades were possible because in 1944 the United States was the undisputed global power of the day. As a result, the international economic order was based on this unchallenged pillar. Everything worked fairly smoothly as long as the American economy dominated the world economic scene. Things started working less smoothly with the end of the immediate post-war period and the rise of other economic powerhouses. The new situation was apparent as early as 1971. With the end of the convertibility of the dollar. This signalled that the United States was no longer the world’s only economic pillar. After that, monetary and financial management became increasingly complex and is certainly no easier today in a period when the redistribution of economic power is now accompanied by progressive change in the balance of political power among players on the world political stage. The long transition from a monopolarism to multipolarism has certainly not increased the likelihood of reaching agreement on new global monetary and financial regulations.
Historically dominant countries – first among these, the United States – tend to slow down any process of change in order to preserve their privileges as holders of the world’s reserve currencies. Countries enjoying vigorous growth – like China – have the long-term objective of radically changing the system. They are fully aware, however, that achieving this takes time. They need time first and foremost to ensure that the new balance of power is both consolidated and perceived as definitive. And they need time to prepare their domestic market for the convertibility of their currency, and adapt their banking system to the prevailing international rules. Ascending countries have clear long-term objectives; they want to see a multi-player international monetary system. They know, however, that if they are to achieve a system that reflects the new world situation, their approach must be gradual and prudential. The goal is clear but achieving it requires a long-term strategy, not least because excessive haste could place harmful tensions on the world economy as a whole and slow their own development as a result.

The recent BRIC meeting on the island of Hainan was highly significant in this regard.

While participants reiterated their common interest in changing the balance of power also in the monetary and financial sphere, they were only able to take limited-scope decisions. They asserted the intention of making increasing use of their national currencies in trade relations with each other, and underlined their common will to reform the working of Special Drawing Rights. They also pledged to add other currencies to the four that make up the SDR basket and represent only the US, Europe and Japan. The meeting did not, however, produce more than this declaration of principle. This was firstly on account of the enormous technical problems that need to be solved and secondly, because the long term interests of the BRIC countries do not always coincide. We have started down the road of international monetary reform but the journey will be a long one.

When, at the height of the financial crisis, the G8 finally gave way to the G20, some believed that this would step up reform of the international monetary system. However, things turned out very differently from their initial promise. Reforming zeal has weakened with each successive meeting. Although this may be accounted for in part by the slowdown of the economic crisis, it is, however, also due to the objective differences among G20 members. The G20 agendas from the London to Pittsburgh summits through to the present day have gradually lost their punch and sense of urgency.

The Delicate Balance that is International Cooperation

We have had to admit how difficult it is to regulate international economic relations and build cooperation based on a future balance of power agreed by and favourable to all.

Nonetheless, the shift from the G8 to the G20 remains an event of fundamental importance. It marks an acknowledgement that no decision that will influence the future of our planet can be taken unless all the world’s major economic and political players are party to that decision. This, however, is not sufficient to usher in a new era of international cooperation, first of all because of the limits of the G20 organization itself, which lacks the stable, robust scaffolding required to carry out preparatory work. The G20 is still coming to terms with the idea that to be effective, complex multi-party international organizations must have a strong permanent secretariat to back them. As the scant results of the Nanking conference showed, this cannot be replaced by hurried preparatory meetings geared especially to the domestic political agenda of one member country. G20 action to instigate new international relations is further weakened by its slowness to acknowledge that we have entered a new era in relations between the different countries. The changes in the balance of power I mentioned before create a cacophony around the G20 table that makes any agreement on the reforms needed for the ordered development of the world in the future an arduous task. Even if considerable strides forward have been made on important technical issues – especially as a result of the work of the Financial Stability Board – there has, however, been very little change in the international monetary and financial system, because it is difficult – very difficult – to achieve harmonious regulation of the global economy in a world that remains politically fragmented.

Regulation is becoming increasingly difficult for the very reason that finance and the Economy are becoming more important in the political arena than military strength itself.

While the mere authority of one country (the United States) no longer holds, it is equally true that rules cannot be dictated by a two-way dialogue –between China and the United States. Today’s world can only be managed by a large number of players.

The Legacy of the Financial Crisis

Let us go back and examine the recent economic crisis.

In terms of magnitude and speed with which it spread, it was no less dramatic than the Wall Street Crash of 1929 that lasted many long years and led to the general impoverishment of the whole planet. While I do not want to dwell on the differences and similarities between the two crises, it must be said that because of past experience, governments today are better prepared to take remedial action.

The first big difference in the reaction to the crisis on the part of governments was not to succumb to the temptation to introduce protectionist trade measures, as happened in 1929. Governments everywhere understood how disastrous that would be for everyone and, despite strong calls to go in that direction, warded off attempts to dismantle the free flow of trade that contributed so much to the expansion of the world economy in previous years. This does not mean that further decisive steps need not be taken in this area, not least because the on-going changes in the political and economic balance of power make it difficult to see what future interests are at stake. For this reason, even if we have not fallen into the protectionist trap, the Doha Round dedicated to improving the rules governing international trade drags on without achieving any real results.

A further difference between this and the 1929 crisis is that the governments of the United States and China injected huge sums into the economic system. America’s eight hundred billion dollars and China’s five hundred and eighty-five prevented the world economy from going into a tailspin.

It should also be remembered that the crisis had its roots in the economic policies of the United States. Most important was the policy of low interest rates to facilitate home ownership and sustain the economy after the Internet speculative bubble and following 9/11. Secondly, there was ineffectual supervision of financial markets at the very time when these were quickly expanding in quality and quantity.

The Risks of Creative Finance

Deregulation effectively removed the protective barriers that appropriately separated investment banks from ordinary high-street lending institutions. At the same time, with interest rates being kept as low as feasible, surplus liquidity was created that constantly moved around in search of the highest earnings. This in turn created a series of speculative bubbles in diverse sectors: property, raw materials, equity markets and so on. In the wake of deregulation and low interest rates came financial innovation for which the classical economic-policy instruments of the past proved ineffectual. Indeed, financial innovation, which should have served to reduce investment risks and hence, encourage growth, caused the most devastating fall in confidence of past decades. Financial innovation in fact simply spread much of the risk onto unsuspecting investors.

World finance suffers from a deep-rooted contradiction: increasingly global in its reach, it is unable to give itself global rules. This has led to financial innovation taking ever-increasing risks only to offload them for the most part onto investors who are unable to assess what they are getting into.

Nor do I believe this is a thing of the past. In the last few months the large investment banks have resumed their old habits, which led to the crisis in the first place. The financial instruments have different names but the players are the same and their investments are similar in risk and opacity to the derivatives that fuelled the financial crisis. Decisive headway must be made on the regulation front, never forgetting, however, that the task is fraught with difficulties since diverse countries are competing fiercely with each other in order to achieve standards that do not put their own operators at a disadvantage.

We are not yet out of the “moral hazard” that characterised the behaviour of banks and financial institutions considered too big to fail.

And here I would like to stress another point. Creative finance that takes no account of any underlying social or economic situation does not just cause harm when something goes wrong. It is the source of continual market disruption, causing turbulence in the prices of raw materials, oil and food commodities.

When financial transactions exceed by ten or one hundred times the number of “real” operations, the result is permanent disequilibrium of prices that is deleterious to the Economy.

In a situation like this, it is statistically more likely that commodity-importer countries will be hardest hit.

The Contradiction between Global Markets and National Controls

Obviously, things cannot continue in this way for long. While globalisation is a boon, its excesses must be kept in check and the weaker players protected. Otherwise globalisation will be politically unsustainable on account of the risks it poses.

I am a profound believer in the market economy; but I also believe that the market works well only when checked by strict rules and controls. We cannot continue a contradictory system that operates across global markets with national rules and controls. Global markets require global rules.

One could counter by saying that in many countries supervisory bodies have grown and multiplied. There are regulatory bodies for banks, insurance companies, stock exchanges and so on. But these regulators, despite the repeated warnings of the Financial Stability Board, are clearly insufficient and in any case, prevalently national in their reach. This is in contradiction to the global economic context.

A common strategy cannot confine itself to a series of abstract rules but rather must:

a) Set down agreed market control measures;

b) Prevent deposit banks from taking speculative risks;

c) Adopt transparency rules and fiscal instruments to limit the continued explosion of so-called “derivative” products;

d) Set down mortgage loan rules in the property market;

e) Impose strict professional conduct rules on rating agencies.

We are still far from achieving these results. Indeed we seem to be reluctant even to start down that road. The large investment banks are once again acting as before, confident they are too big to fail. Even the exorbitant earnings of their top executives have starting creeping up again as if the crisis and its root causes were a thing of the past. Only a short time after the worst financial crisis in the last 80 years, financial speculation is being resumed as strongly as ever. They’ve changed their name but not their spots! The lack of transparency and risk-taking is the same as for the worst speculative operations that led to the crisis. On the eve of the new G20, scheduled to discuss measures to curb excessive financial speculation, there is no agreement in the offing between those countries, like France, for example, which are calling for a tax on financial transactions, and those, like the US, that want stricter capital adequacy rules for financial institutions dealing with highly speculative instruments.

The Case of the Euro

Progress towards harmonisation and oversight of financial policies is proving extremely difficult even in a single currency area and largely for the same reasons. The case of Greece and other similar tensions in the Euro area are in fact a direct consequence of the fact that when the single currency was first established, the larger European countries refused to accept any form of European oversight on their national accounts. This mean that it was impossible to gain an understanding of the enormous overruns countries like Greece were amassing and the unsustainable burden taken on by others, like Ireland, to guarantee the indebtedness of their banking system. The concept of national sovereignty – still pretty much taboo – became a stumbling block preventing the smooth working of the economy for the reason that although many aspects of the markets are global, supervisory rules and systems remain strictly national. It would, however, be wrong to draw the conclusion that the Euro has no place among the key pillars of the world Economy. The rumours and insinuations regarding its possible disappearance from the world economic stage do not take into account how things stand on the ground and that no European country, starting with Germany, has any interest in returning to a system of national currencies, which would be tantamount to splitting Europe into a strong north and a weak south. Certainly in Germany, as in many other European countries, there are strong populist calls for a return to old national values, which leads politicians to delay the necessary decisions or adopt them in a shroud of caution and hypocrisy. It is equally true that Germany’s hesitation, dictated by understandable electoral concerns, has only made the Greek crisis more difficult and complex. It is undeniable, however, that the economic and financial sector in Germany is fully aware that it is thanks to the Euro that Germany has been able to build a trade surplus which in percentage, is higher than China’s. Before the birth of the Euro, Germany would never have been able to accumulate such a surplus because every time its trade balance showed signs of running a surplus, other European partners swiftly proceeded to devaluate their currencies. To give you an idea of how important this phenomenon is, let me just say that when I started my academic career – and it wasn’t centuries ago! – you needed 145 Italian lire to buy a German mark but when the exchange rate was fixed to enter the Euro, it was 990 lire to the mark. For years, devaluations of this kind prevented Germany from creating a surplus; very different from today when in the last 12 months alone, the country has created a foreign trade surplus of 200 billion Euros. And this will be one of the strengths of the German economic system, not just today, but also in the foreseeable future. So even in the event of serious political tensions, it is highly unlikely that any country would relinquish such an advantageous position. In addition, despite the arguments, the political debate and academic analyses into the Euro’s frail prospects, markets continue to sustain its value against the dollar.

It is also worth remembering that today the European economy leads the field in terms of GDP, industrial production and exports. So when people ask me about the pillars of the international monetary system ten years from now, I have no doubt in answering that the world economy will be based on a basket whose major currencies will in any case be the dollar, the Euro and the Yuan, even if most probably they will share that basket with other currencies.

Which and how many these currencies will be will depend on circumstances that are difficult to gauge today. Certainly, however, there will be many more voices heard around the G20 table, and finding a consensus will not be easy.

China’s Role and Responsibility

I have neither the authority nor the necessary competence to proffer any suggestions as to the road China may or should take to assume a growing and more concrete position of responsibility within the framework of the international financial and monetary system. This is the topic of ongoing debate within the country itself, in the most diverse academicsettings throughout the world and among the world’s top financial and monetary institutions. Moreover, any decision in this sense will be closely linked to the general economic policy framework the Chinese government intends to implement in the future, especially in the light of the guidelines emerging from the XII 5-year plan approved by the National People’s Congress in March 2011. The problems of capital flow control and the workings of the banking system still have to be tackled in the light of the growing international responsibility China will have to assume in the near future. It will be the task of the government and the Chinese people to take the most appropriate decisions regarding wage levels, the balance between the different provinces, the building of the new Welfare State and the balance between savings, consumption and investments. As to what the international community expects from China, it is that China will cooperate actively in the area of international economic relations. This choice will also depend on the sustained growth objective China still needs to maintain in the long term to complete the great transformation started in 1978. Fostering active cooperation is a primary interest for China but also a necessary task vis-à-vis the whole international community. How to accomplish this function, whether with adjustments to the exchange rate, measures to increase domestic demand or with a mix of both, is the exclusive responsibility of the Chinese government.

In the long run, it is certainly a Chinese interest to have a transparent financial system with a free flow of capital in and out. And as a consequence of capital inability a flexible exchange rate.

Many years will be needed (we in Europe did in thirty years) but the opening of the banking and monetary system is indispensable. It is not necessary to do it immediately but to be persistent in this direction.

The direction is important. Non the speed.

The greatest concern today and certainly the greatest danger for the future of the Chinese economy is inflation. For many years, China served the function of containing the prices of industrial goods on world markets both through national entrepreneurial initiatives and through multinational companies located in China. In an initial phase, Chinese competition was founded especially on low wages. In recent years however, increases in productivity have sustained production costs or made them even more competitive despite the strong wage increases. Not to be forgotten either is the transfer of less specialized production to the poorer provinces and their replacement by high value-added and research activities in the most developed areas. This virtuous transformation might be threatened or even stopped by inflationary trends fuelled by a combination of increased international prices and increased domestic production costs. Even if technological innovations, especially in the alternative energy sector, succeed in alleviating the pressure on demand, China will always be a huge importer of food, energy and raw materials. No one can foresee with certainty how future price trends will develop, but all the elements we have today lead us to believe that this will be an upward trend, both on account of a larger world population but especially because of a strong growth in demand thanks to better standards of living enjoyed by hundreds of millions of people in many countries around the world.

Over and above the particular domestic real estate situation in China, there are risks that prices will increase in those sectors where rising international prices are not easily offset by growth in domestic productivity. The greatest risks are obviously in the food and transport sectors, where the most affected will be lower income populations. Failure to keep inflation under control would naturally force the introduction of adjustment measures, with consequences that would severely affect not only China but also the entire world economy. We should not forget that it was only dynamic growth in China and other developing countries that prevented the financial crisis from turning into a global tragedy and the world economy from stagnating for many more years than it did.

The Growing Interdependence of the Global Economy

The picture I have perhaps too hurriedly sketched out leads us nonetheless to the undeniable conclusion that the most salient feature of the world economy is its interdependence. Just think for a minute of another recent fact, the negative outlook issued by Standard & Poor’s on the American sovereign debt. In theory, this announcement should have been of concern to the United States alone. In fact, it caused anxiety throughout the world, starting with China, which holds a conspicuous slice of the American public debt. We live in a world full of contradictions. In the popular imagination, China on the one hand, and the United States – and Europe – on the other, have opposing interests. But then it becomes evident that any inflation in China would be very detrimental to Western economies and any increase in the American debt risk is viewed with terror by institutional investors, including the Chinese government. We should also reflect on the fact that the largest energy importers in the world – which include China, the United States and Europe – would have every interest to cooperate when it comes to deciding on supply security issues. I could continue to give examples in many other fields before coming to the general conclusion that economic and financial security has to involve convergent strategies agreed on by the world’s major economic players.

Building a Multilateral Future

Building convergent strategies at a time when power has become fragmented is an extremely difficult task. This is because a system of scattered power does not just involve relations between sovereign states but also with industrial enterprises, banking and financial organisations, pressure groups and NGOs, all of which, albeit to a lesser degree than the power wielded by states, are having an increasing impact on world political decisions. With so many players, it is becoming increasingly difficult to run institutions and construct adequate collective responses.

This assertion is certainly a valid general statement. But if we confine ourselves to the economic and financial relations among states, it is obvious that regulating surpluses, deficits and imbalances requires not a bilateral but a strongly multilateral approach, one that rests on the pro-active role of the large supranational institutions like the United Nations, the International Monetary Fund, the WTO and all the other organisations that arbitrate between the different countries. So tackling the world’s financial problems within a wider framework than the existing political context is a must.

At this point we are faced with the difficulties I outlined at the start of this talk when I said, that in this transitional phase, players believe they can achieve results that best serve their interest delaying the agreements in the longest possible timeframe.

My final message is that this approach is deeply flawed. A global agreement is indispensable if we want to surmount the crisis and if we want to go down the road towards harmonious development of the world economy. A multi-polar world is a world based on mutual interdependence.

Memento per quelli di memoria corta

Ricordate la buriana scatenata da Berlusconi e soci contro Prodi che voleva vendere Alitalia a caro prezzo alla Air France?
I costi del 'rinnovamento di Alitalia sono stati sopportati dal contribuente italiano e da piloti, assistenti di volo e tecnici.
E adesso siamo di nuovo alla soluzione Air France.
E la cosiddetta Compagnia di Bandiera e' lo specchio dell'Italia di oggi.
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da Airnews International

Alitalia verso integrazione con Air France-Klm, holding con sede Parigi

ROMA - Un'integrazione sotto il controllo di una superholding con sede a Parigi tra Air France, Klm e Alitalia sarebbe allo studio e ci sarebbe la disponibilità dei soci del vettore italiano. LAlitalia, controllata da un gruppo di imprenditori italiani e partecipata al 25% circa dalla compagnia francese, sta valutando di affidare un mandato di advisor finanziario alla società Leonardo & Co per l'operazione.

Secondo indiscrezioni, di questa operazione sarebbe stato informato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, in un incontro a Palazzo Chigi con Colaninno e Sabelli. L'operazione verrebbe attuata con una fusione tramite offerta di scambio tra Alitalia e Air France e la successiva creazione di una holding quotata a Parigi, sotto la quale verrebbero scorporate le attività operative delle compagnie. L'obiettivo è giungere a deliberare le operazioni per l'integrazione entro la fine di quest'anno.

Da parte dell'Alitalia non sono giunti commenti a questa indiscrezione. Lo scorso novembre il presidente della compagnia, Roberto Colaninno, non aveva escluso l'ipotesi di una fusione con Air France. Dal canto suo l'amministratore delegato Rocco Sabelli ha rivelato lo scorso anno che nel 2013, quando la cordata italiana chiamata a raccolta da Silvio Berlusconi per tutelare l'italianità di Alitalia potrà vendere le proprie quote, le sarà raccomandato di fondersi con Air France-Klm. L'Alitalia ha chiuso il 2010 con una perdita operativa di circa 100 milioni contro i 274 milioni persi nel 2009.

Alemanno: "Nulla, perche' non succedera' nulla!"





Come recita il proverbio "Il mondo e' dei piu' furbi e fortunati e non dei piu' bravi". E la conferma si e' avuta in occasione della firma del gemellaggio tra due capitali: Roma e Washington. Una pratica iniziata anni fa sotto i sindaci Rutelli e Veltroni per quanto riguarda Roma e con Anthony Williams e Adrian Fenty, sindaci di Washington e autori della rinascita di questa citta' per molti, troppi anni in mano alla mafia di un sindaco, Marion Berry, che ha un carnet con la giustizia di tutto rispetto. E cosi Giovanni Alemanno, sindaco di Roma e Vincent C. Gray nuovo sindaco di Washington hanno potuto firmare le rispettive dichiarazioni di consenso. Nessun cenno e' stato fatto all'opera instancabile di Jo Grano, presidente della Fondazione Brumidi (pittore romano meglio conosciuto come il Michelangelo americano che ha affrescato il Campidoglio) che per anni si e' battutto per questo gemellaggio.
Il sindaco Alemanno, nonostante il caldo insopportabile che opprimeva la sala del Governo del Distretto di Columbia (ma non gli funzionava l'aria condizionata?) ha saputo conquistare l'audience, grazie alla perfetta traduzione del suo discorso fatta da Elisabetta Ullmann, l'interprete che vedete spesso accanto al presidente Obama ed al premier italiano.
Al termine della manifestazione abbiamo chiesto al sindaco Alemanno che distribuiva sorrisi e strette di mano:
"Signor Sindaco: che succede se le portano via i ministeri da Roma?"
Il primo cittadino romano ha assunto un'espressione di pietra e ha sibilato:
"Nulla, perche' non succedera' nulla!"
E si e' concesso alle foto con una coppetta di gelato in mano.

Roma e Washington gemellate

Good News on Rome-WDC Sister Cities Relationship

After more than five years, the movement to have Washington, D.C. and Rome become Sister Cities has born fruit.

Tomorrow, Tuesday June 7 Washington D.C. and Rome, Italy will officially become Sister Cities. The agreement will be signed at our city hall, the John A. Wilson Building, at 4:30 P.M. Rome will now be Washington, D.C.'s 11th Sister City.

The initiative began in the Anthony Williams administration and was vigorously pursued by the Adrian Fenty administration and will now be consummated in the Vincent Gray administration. I congratulate all three mayors for their steadfast efforts to make this happen. I also thank Patricia Elwood, District of Columbia Chief Protocol Officer under the three administrations for her untiring efforts in this regard.

Also to be recognized is the Ambassador of Italy Guilio Terzi di Sant'Agata for his assistance in making sure this event happened on the 150th anniversary of Italian Unity. The Ambassador has worked very diligently on programs to celebrate the common values shared by Italy and the United States. The Palladio exhibit at the Building Museum was one and the recently concluded Canaletto exhibit at the National Gallery of Art is another.

Speaking of the National Gallery of Art, now on display there is the famous Capitoline Venus from Rome. This is the first fruit from the new Rome-Washington, D.C. relationship.

I hope to continue sending you news as the relationship develops.

Joe Grano, Chair
The Constantino Brumidi Society
Washington, D.C.